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Questa Conca, nel XVIII secolo era un importante luogo di passaggio per la navigazione fluviale, che, dalla zona della bassa padovana, collegava alla laguna. Una delle due lapidi murate sul ponte di Via Giotto adiacente alla Chiesetta documenta il restauro della Conca nel 1718. Interessante è una lapide, collocata sulla parete sinistra della Chiesetta, risalente al 1720-30: in essa sono indicati gli importi dei pedaggi che le imbarcazioni dovevano pagare per attraversare la Conca. Questo prezioso documento, oltre a Accanto alla lapide delle tariffe se ne osserva un’altra recentemente ritrovata all’interno del camerone posto sotto il Esso fu demolito nell’aprile del 1962, quando fu interrato il naviglio. La prima erogazione di energia elettrica risale all’aprile del 1902 quando Ignazio Ercego, proprietario del mulino, con il suo consulente, l’ing. Giuseppe Carazzolo, fece uscire da due turbine che aveva installato al posto delle quattro ruote ad acqua una potenza di 100 cavalli vapore: circa 74 chilowatt: essi illuminarono il naviglio dalle Porte Contarine al Ponte delle Torricelle. A seguito della demolizione rimane ben poco del Mulino: ciò che resta è visitabile in barca, cioè la Gora del mulino, il canale sotterraneo che animava le due turbine. Questa corre parallelamente alla Conca e passa sotto la chiesetta di Santa Maria. Accanto alla Conca vi è un concio di pietra triangolare; era un rostro che ripartiva le acque del Naviglio in due porzioni: una alimentava la Conca, l’altra la Gora del Mulino. L’ultima traccia del mulino si nota sul selciato: la linea che inizia nei pressi del rostro partitore e giunge alla chiesetta è formata infatti dall’alternarsi di due diverse qualità di trachite. Tale linea rimarca la giacitura del mulino che si trovava quasi completamente lungo il tratto di strada che costeggia la Conca. LA CHIESA DI SANTA MARIA:
Dal punto di vista architettonico spicca la forte differenza di stile e di proporzioni fra la chiesetta e il campanile, quest’ultimo raro esempio di architettura rococò a Padova. La facciata è molto più sobria ma altrettanto curata con lesene compartite in tre risalti successivi per dare senso di profondità. Sebbene molto piccola presenta all’interno un ricercato dinamismo: è formata infatti da quattro corpi di fabbrica: navata, presbiterio, sacrestia, campanile. Al centro della navata si trova una sepoltura profanata circa 50 anni fa la cui descrizione è indecifrabile. Al centro del tetto un dipinto quasi illeggibile che forse ritrae la Vergine. Non si conosce il nome dell’architetto.
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